LE FONTANELLE

 

 

 

Nei tempi passati, quando nelle case non vi era ancora l’acqua corrente, la presenza di una fonte all’interno o nelle vicinanze di un centro abitato era di grande importanza, e Rizzuti, sotto questo aspetto, era un paesino molto fortunato perché di acqua ne aveva veramente in abbondanza: un ruscelletto, l’acquaro,  che lo attraversava tutto rendendo particolarmente agevole l’irrigazione degli orti  e due fontane di limpida e fresca acqua sorgiva.

Le  fontanelle di Rizzuti sono sorgenti perenni  di portata non significativa  facenti parte  di un  fitto reticolo idrografico  che va ad alimentare  le così dette fiumare, le caratteristiche strutture torrentizie dell’Appennino calabrese che con un regime idraulico  strettamente correlato alle piogge stagionali solcano il suolo provocandovi profondi avvallamenti .

 

 

Scorcio della "jumara",  il corso d'acqua a

carattere torrentizio che attraversa i boschi

che circondano Rizzuti

 

 

La "Fontanella" situata all'ingresso del paese

 

La "Fontanella" vista di prospetto

 

 

La"Fontana Vecchia"  così com'è dopo

l'ultima ristrutturazione

 

Particolare de "L'acquaro" il ruscelletto la cui sorgente è situata sulla montagna a nord

dell'abitato e che, attraversando tutto il paese,

viene utilizzato per l'irrigazione degli orti.

L’approvvigionamento idrico per i bisogni quotidiani  era  a  Rizzuti un vero e proprio rito; gli abitanti più anziani raccontano che spesso questo compito era affidato ai ragazzi ed ai bambini di ritorno dalla scuola e che comunque ogni giorno si andava  più volte con  barili o secchi di legno a rifornirsi d’acqua alle fontane cosicché quest’ultime erano considerate dei veri e propri punti di incontro, di svago e di giochi.

Sia quando l’acquedotto comunale aprì nel paese due fontane pubbliche per l’approvvigionamento idrico quotidiano, sia dopo la chiusura di quest’ultime in seguito all’allacciamento di ogni abitazione alla rete idrica, a Rizzuti la consuetudine di rifornirsi alle fontane d’acqua sorgiva, anche se significativamente ridimensionata, non è mai del tutto scomparsa, tant’è vero che ancora oggi in ogni casa del piccolo borgo l’acqua che viene quotidianamente bevuta a tavola non è mai quella dei rubinetti casalinghi ma piuttosto quella limpida e fresca delle “fontanelle” paesane.

Varrile

 

Vumbule

 

Recipienti usati  nel passato per

trasportare e conservare l'acqua

 

 

   

 
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A' Lissia (Il Bucato)

 

 

 

 

A' LISSìA (IL BUCATO)

 

 
   

Se in passato, a Rizzuti,  per  i quotidiani bisogni idrici (lavarsi, bere, cucinare,….) si utilizzava l’acqua sorgiva delle fontanelle, per il bucato cioè per il periodico lavaggio della biancheria di casa si andava alla vicina “jumara”. Si preferiva lavare la biancheria al fiume e non alle fontane del paese perché queste non erano adatte a questo tipo lavoro, solo molto tempo dopo fu realizzato un lavatoio pubblico alla fontana vecchia, ma non fu molto utilizzato perché dopo poco, grazie all’allacciamento alla rete idrica comunale delle abitazioni, si poté lavare comodamente a casa.

“A lissìa”  come veniva chiamato il bucato nel gergo dialettale, richiedeva una preparazione particolare.

Il giorno prima si effettuava una specie di prelavaggio  con un sapone fatto in casa e con la cenere.

 

Il  lavatoio pubblico della "Fontana Vecchia" ormai demolito.

 

 

 

Sapone fatto in casa

Il sapone prodotto in casa era costituito da: grasso di maiale, potassio, farina e un po’ di sapone di Marsiglia, quest’ultimo veniva utilizzato solo per dare un po’ di profumo e un po’ di schiuma. Questo miscuglio di ingredienti veniva messo in una pentola sul fuoco, quando “quagliava”( si addensava), veniva versato in un contenitore e si lasciava raffreddare, il giorno dopo si tagliava a pezzetti ed era pronto per l’uso.

 

Altro detergente usato nel passato era ricavato dalla Saponaria, pianta erbacea spontanea dai fiori grandi e rosei nei cui gambi, foglie e soprattutto radici sono presenti le saponine, sostanze che a contatto con l'acqua producono schiuma ed hanno ottime proprietà detergenti e che pertanto erano utilizzate per pulire i tessuti.

Saponaria officinalis

 

 

Presa una grossa cesta vi si sistemavano i panni da lavare e si coprivano con un telo pulito  che, dopo esser stato fissato ai bordi della stessa cesta, veniva prima cosparso di cenere e dopo bagnato con dell’acqua molto calda versata con un pentolino. L’acqua filtrando impregnava tutti i panni che venivano così lasciati per una intera notte.

Il giorno dopo si buttava la cenere e si andava alla “jumara” a sciacquare il bucato. Si lavavano prima le lenzuola e mentre queste, dopo essere state distese sul prato, si asciugavano al sole si sciacquava il resto della biancheria.

 

 

In genere le donne per  andare alla “jumara” a lavare i panni si organizzavano  in piccoli gruppi, era un modo per poter chiacchierare scambiarsi consigli e confidenze mentre si lavorava; quello del bucato diveniva così non solo un giorno di duro lavoro ma anche un’occasione di svago e di socializzazione.

 

 

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Le Fontanelle

 

 

   

Segnalato da Maria Rizzuto

Pubblicato il  9 Febbraio 2008